giovedì, settembre 21, 2006

 

LA PARABOLA DI DE GASPERI

Continuiamo a parlare della politica italiana nel secondo dopoguerra raccontando gli anni che vanno dal 1949 al 1953.
Nella seconda parte ricordiamo le regole per l’elezione del Presidente della Repubblica e accenniamo alle elezioni avvenute negli anni passati.
Buona lettura.

I FATTI
Nel maggio del 1948 Luigi Einaudi venne eletto presidente della Repubblica.
Il 14 luglio 1948 Palmiro Togliatti venne gravemente ferito in un attentato. Scoppiarono in tutta la penisola moti popolari; si susseguirono le manifestazioni e gli scontri con la polizia; gli stessi dirigenti del PCI si impegnarono per riportare la calma fra i lavoratori e la gravissima crisi poté essere superata.
Nel 1950 De Gasperi formò il suo sesto governo, sostenuto da democristiani, repubblicani e socialdemocratici. In agosto venne istituita la Cassa per il Mezzogiorno. In ottobre venne approvata una legge di riforma agraria per favorire la diffusione della piccola proprietà contadina.
Nel 1951 De Gasperi formò il suo settimo governo, composto da democristiani e repubblicani.
Le elezioni amministrative del 1951-52 non solo fecero cadere la percentuale democristiana al 35.1% (dal 48.5% che aveva ottenuto alle elezioni politiche del 1948), con un calo più marcato nell’Italia meridionale, ma portarono tre grandi città, Napoli, Bari e Foggia ad un’amministrazione di destra.
La politica economica del governo continuava a basarsi, in continuità con la linea di Einaudi, sull’austerità finanziaria e sul contenimento dei consumi privati. Nonostante la forte ripresa produttiva iniziata nei primi anni ’50, la disoccupazione si mantenne su livelli elevati e i salari restarono bassi.
Nel giugno 1952 venne approvata la legge Scelba per impedire la riorganizzazione del disciolto partito fascista.
Nel marzo del 1953 fu approvata una nuova legge elettorale (ribattezzata dalle sinistre come la legge truffa) che premiava con il 65% dei seggi della camera il partito o l’alleanza elettorale di partiti che avesse ottenuto la maggioranza assoluta dei suffragi.
Nelle elezioni del 1953, però, la coalizione DC, PSDI, PRI e PLI raccolse soltanto il 49,85% dei voti ed e non aveva quindi titolo al premio di maggioranza.
Nell’agosto del 1953, dopo un fallito tentativo di De Gasperi, il democristiano Giuseppe Pella formò il nuovo governo, costituito unicamente da democristiani.

IL CONTESTO
I cinque anni della prima legislatura repubblicana (1948-1953) segnarono il periodo di massima egemonia della Democrazia Cristiana sulla vita politica nazionale. La DC continuò comunque a puntare sull’alleanza coi partiti laici minori e associò ai suoi governi, sempre presieduti da De Gasperi, rappresentanti del PLI, del PRI e del PSDI. Componente essenziale della politica centrista era una moderata dose di riformismo che, senza troppo sconvolgere gli equilibri sociali, conservasse al governo il consenso delle masse popolari, soprattutto dei contadini.
Fin dall’inizio della legislatura, però, si registrò, soprattutto nel sud, una crescente ostilità ai partiti di governo da parte di possidenti e piccola borghesia, delusi dalla mancata lotta contro il comunismo che a loro parere la DC avrebbe dovuto intraprendere. La destra era così, dopo essere stata alleata della DC nel 1948, alla ricerca di una nuova identità e autonomia politica. La conferma di questa crescente impopolarità venne puntualmente alla scadenza elettorale: nei due turni delle amministrative nella primavera 1951 e 1952, i democristiani videro vanificati i risultati della grande vittoria del 1948. Le vere vincitrici delle consultazioni amministrative furono le destre, nelle quali si riversarono tutti i suffragi perduti dalla DC.
Ad intercettare il malcontento dei possidenti provò il PLI. Nel 1950 uscì dal governo, in opposizione alla politica agraria della DC. In realtà l’operazione non riuscì al PLI per la debolezza congenita del liberalismo italiano, ma soprattutto per le tentazioni autoritarie presenti nella destra dell’epoca che soffocarono lo spirito liberale.
Molte formazioni para militari di destra si formarono in quel periodo: AIL (Armata Italiana della Libertà), ECA (Esercito Clandestino Antimarxista), MRP (Movimento Resistenza Patrioti). L’MRP, in particolare, si rivolse ai possidenti agrari e agli industriali, con i primi tentativi di organizzazione del crumiraggio. Il PLI cercò di raccogliere i consensi del nord moderato facendo leva sui soli ceti agrari, in realtà avrebbe avuto bisogno anche del sostegno degli industriali per diventare forza di massa, ma nei primissimi anni ’50 l’asse fra Alcide De Gasperi e Angelo Costa (presidente della Confindustria) era ancora molto forte, chiudendo di fatto la possibilità di attrarre gli industriali nell’orbita liberale.
I consensi erano invece in crescita per il Partito Nazionale Monarchico (PNM) e per l’MSI, che raddoppiarono nelle tornate amministrative del 1951-52 i loro suffragi rispetto al 1948. L’opposizione dei grandi agrari alle leggi di riforma fece da coagulo al formarsi di uno schieramento politico in cui trovarono spazio i fermenti eversivi serpeggianti nella società meridionale, l’insoddisfazione di larghe fasce di ceti medi, la tradizionale diffidenza e ostilità verso lo Stato delle plebi più misere, ancora a uno stadio prepolitico, lo scontento dei giovani. Anche il nazionalismo, facendo leva sulla complessa vicenda della definizione dei confini con la Jugoslavia, giocò a favore delle destre in questo periodo.
Con l’approvazione della legge Scelba del 1952 De Gasperi tentò di ottenere due risultati: da un lato arginare la crescita della destra e dall’altro respingere le accuse di apparentamento con partiti fascisti che di quando in quando la sinistra muoveva alla DC. In realtà il clima politico era cambiato e il rifiuto dell’esperienza fascista non era più così diffuso, la stessa DC aveva contribuito a smorzare tali sentimenti. La legge Scelba suscitò più insofferenze che consensi.
Per quanto riguarda i rapporti con il Vaticano, il conflitto con la destra cattolica si fece nella DC sempre più serrato. Le elezioni del 1948, vinte anche per l’appoggio delle gerarchie ecclesiastiche, rafforzarono l’autorità di Pio XII, che cercò di influenzare sempre di più la politica della DC. L’insuccesso della DC, scesa nelle competizioni elettorali amministrative del 1951-52 con l’area laico-democratica per volontà di De Gasperi, alimentò la contestazione delle forze clericali e conservatrici. Le pressioni per un apparentamento con la destra (MSI e PNM) crebbero.
Nella primavera del 1952, Luigi Sturzo, in vista delle amministrative romane, tentò di allearsi con l’estrema destra, con l’appoggio del Vaticano. De Gasperi si oppose fermamente a tale operazione e il rifiuto opposto a Pio XII ruppe definitivamente il già logoro rapporto tra il presidente del consiglio e il Papa.
L’insuccesso delle elezioni del 1953, nonostante la nuova legge maggioritaria, segnò il declino politico di De Gasperi, che morirà nell’agosto del 1954.

ATTUALITÀ
Il Presidente della Repubblica
Le regole per l’elezione del Capo dello Stato sono definite dalla Costituzione.
Art. 83.
Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri.
All’elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze.
La Valle d’Aosta ha un solo delegato.
L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
Art. 84.
Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici.
L’ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.
L’assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge.
Art. 85.
Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica.
Art. 86.
Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato.
In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica
entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione. […]
Art. 91.
Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.

I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA
Il primo ad essere eletto (396 voti su 555) fu Enrico De Nicola, monarchico, che, a seguito del risultato del referendum istituzionale del 2 giugno, assunse il titolo di capo provvisorio dello Stato il 28 giugno 1946.
All’entrata in vigore della Costituzione, il 1° gennaio del 1948, Enrico De Nicola divenne il primo Presidente della Repubblica Italiana.
Dopo le prime elezioni del 18 aprile 1948, costituite le due Camere, si tennero le prime votazioni del Parlamento per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Il liberale Luigi Einaudi venne eletto l’11 maggio 1948 con 518 voti, al quarto scrutinio.
Il 29 aprile 1955 venne eletto il democristiano Giovanni Gronchi, che era presidente della Camera.
Ebbe 658 voti alla quarta votazione.
Il quarto Presidente della Repubblica fu il democristiano Antonio Segni, il 6 maggio 1962, al nono scrutinio, con 443 voti; il quorum era di 428 voti, quindi furono determinanti i voti monarchici e missini.
Il 7 agosto 1964 Segni fu colpito da trombosi celebrale. Il 10 agosto, in seguito all’accertamento da parte di un collegio di medici dell’impossibilità di Antonio Segni di adempiere alle funzioni di Presidente, il liberale Cesare Merzagora, Presidente del Senato, assunse la carica di capo supplente dello Stato.
Il 6 dicembre 1964 Segni rassegnò le dimissioni.
Il 28 dicembre 1964, dopo 12 giorni e ventuno votazioni, il socialdemo-cratico Giuseppe Saragat venne eletto con 646 voti.
Ben 23 scrutini furono necessari per eleggere il sesto Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, demo-cristiano, che il 24 dicembre 1971 ottenne 518 voti, 13 più del quorum necessario per la nomina.
Il settennato di Leone finì prima dell’inizio del semestre bianco. Il 15 giugno 1978, bersaglio delle critiche di un libro uscito durante il sequestro Moro sui suoi comportamenti come Capo dello Stato e sui veri o presunti abusi dei suoi familiari, oltre che degli attacchi su un suo presunto coinvolgi-mento nello scandalo Lockheed (l’amicizia con i fratelli Lefebvre, coinvolti per le tangenti date dalla società aeronautica statunitense per l’acquisto degli aerei Hercules C-130), rassegnò le proprie dimissioni.
L’8 luglio 1978, dopo sedici scrutini, il socialista Sandro Pertini venne eletto con 832 voti su 995 votanti.
Il primo Presidente della Repubblica ad essere eletto a maggioranza di due terzi dell’assemblea fu il democri-stiano Francesco Cossiga, che il 24 giugno 1985, alla prima votazione, ottenne 752 preferenze. Sul nome del presidente del Senato si trovarono d’accordo i cinque partiti allora al governo e il partito comunista.
Il 28 aprile 1992 Cossiga, il cui settennato si sarebbe dovuto concludere il 3 luglio, si dimise dalla carica di Capo dello Stato “per premettere al nuovo Parlamento (il 6 aprile si erano tenute le elezioni politiche) di dare al Paese un Presidente” che avrebbe dovuto affrontare la “grave crisi politica e istituzionale” dovuta all’impatto seppur ancora modesto dell’inchiesta (cosiddetta Mani pulite) sulle corru-zioni dei politici.
Dopo qualche settimana di supplenza del presidente del Senato Giovanni Spadolini, il 13 maggio ci fu la prima votazione per la nomina del Capo dello Stato; per eleggere il successore di Cossiga ci vollero 12 giorni e 16 scrutini. Il 25 maggio 1992 (due giorni dopo la strage di Capaci, in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie e tre uomini della scorta), il democristiano Oscar Luigi Scalfaro venne eletto con 672 voti.
Il 13 maggio 1999, con l’accordo dei due schieramenti di centro destra e di centro sinistra, al primo scrutinio, con la maggioranza dei due terzi e 707 voti, Carlo Azeglio Ciampi, che non era un parlamentare, divenne il decimo Presidente della Repubblica.
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Lo scorso 10 maggio Giorgio Napolitano (DS) è stato eletto Presidente della Repubblica. Il voto al quarto scrutinio, con maggioranza assoluta di 506 schede (i grandi elettori sono 1.010: 630 deputati, 322 senatori - 315 più i 7 senatori a vita - e 58 delegati delle Regioni): Napolitano ha ottenuto 543 voti.
Il nuovo Capo dello Stato ha giurato il 15 maggio dopo la formalizzazione delle dimissioni di Carlo Azeglio Ciampi.

FONTI E APPROFONDIMENTI
La Storia, Grandi Opere di UTET Cultura, Vol. 22 “Dal centrismo all’esperienza del centro-sinistra”, La Repubblica, Roma, 2004
Il mondo contemporaneo dal 1848 a oggi di G. Sabbatucci e V. Vidotto, Bari, Laterza, 2005
Formazione ed espansione dei partiti di Luigi Musella, in “Storia dell’Italia repubblicana”, Vol. 2**, Torino, Einaudi , 1994.
L’Italia democratica. Profilo del primo cinquantennio di Nicola Tranfaglia, in “La storia – I grandi problemi dell’età contemporanea”, opera coordinata da N. Tranfaglia e M. Firpo, Vol. V, Garzanti, 2001, pp.79-120;

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