giovedì, aprile 06, 2006

 

CUBA E LA CRISI DEI MISSILI

EDITORIALE
Nel 1962 è Cuba ad attirare l’attenzione del mondo: lo scontro tra le due superpotenze si consuma in 13 giorni.
Nella seconda parte il testo dei primi articoli della legge 194. Buona lettura.

I FATTI

Agosto 1962: stesura a Mosca della bozza di trattato tra Cuba e l’Unione Sovietica per l’installazione di basi missilistiche nel territorio dell’isola.

I servizi segreti americani, tra la fine di agosto e ottobre, raccolgono le prime notizie relative a movimenti di forze superiori al normale sul territorio cubano.

9 ottobre 1962: viene autorizzato il primo volo di ricognizione di un aereo spia U-2.

15 ottobre 1962: i rilievi fotografici confermano che i sovietici stanno completando la costruzione di basi missilistiche per il dispiegamento di missili a media gittata già trasportati a Cuba.

16 ottobre: il gruppo dei più stretti collaboratori del presidente Kennedy si riunisce in seduta speciale come Executive Committee del National Security Conuncil (in sigla ExComm).

Questo organismo (di cui fanno parte il segretario di Stato Dean Rusk, il segretario della Difesa Robert McNamara, il direttore della CIA John McCone, Robert Kennedy ed un ristretto numero di consulenti politici, militari e diplomatici) si riunisce quasi senza interruzione per 12 giorni fino al momento conclusivo della crisi.

22 ottobre: discorso alla nazione del presidente Kennedy, in parallelo a un ricorso presentato alle Nazioni Unite e ad una lettera personale a Chruscev, in cui si rivela quanto sta accadendo a Cuba e si dichiara che gli USA hanno fissato una linea di “quarantena” oltre la quale essi non concedono il passaggio di navi sovietiche dirette a Cuba e cariche di armamenti.

Le navi che violeranno il blocco saranno ispezionate e, nel caso, respinte con la forza.

24 ottobre: Chruscev ordina alle navi sovietiche di non forzare il blocco.

26 ottobre: lettera privata di Chruscev a Kennedy in cui si impegna a rimuovere i missili già piazzati a Cuba in cambio della dichiarazione pubblica di Kennedy che gli USA non avrebbero mai invaso Cuba, né appoggiato altri tentativi di invasione dell’isola.

27 ottobre: la radio di Mosca trasmette una seconda lettera di Chruscev nella quale il ritiro dei missili di Cuba è condizionato alla rinuncia americana ai missili Jupiter installati in Turchia.

Kennedy risponde pubblicamente alla prima lettera di Chruscev accettandola e aggiungendo una proposta di accordo riguardante altri armamenti, come proposto nella seconda lettera.

Nello stesso giorno viene raggiunto un accordo, non pubblicizzato e mai confermato ufficialmente, con cui gli americani annunciano l’intenzione di rimuovere i missili installati in Turchia e in Italia.

Tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre i sovietici iniziano a smantellare le basi cubane.

IL CONTESTO

Il 1° gennaio 1959 Batista, capo del regime dittatoriale che governava l’isola di Cuba dal 1952, sentendosi incapace di resistere alla pressione delle forze che si opponevano al suo regime e consapevole di non essere appoggiato dagli Stati Uniti, fuggì dall’Avana dove i “partigiani” di Castro fecero il loro ingresso trionfale.

La coalizione politica alla testa della quale stava Fidel Castro accompagnato dal fratello Raul come comandante delle forze armate dimostrò la sua profonda volontà di moralizzazione e cambiamento.

Gli Stati Uniti avevano riconosciuto tempestivamente il regime di Castro, che pareva essere un modello riformistico nuovo e radi-cato nel popolo con il quale si pensava di poter collaborare, nonostante le massicce infiltrazioni comuniste presenti nel movimento.

Alle pressioni degli USA contro il pericolo dell’alleanza tra castristi e comunisti Castro rispose con la nazionalizzazione senza indennizzo dei beni appartenenti alle imprese americane; ebbe così inizio un massiccio esodo da Cuba che portò alcune centinaia di migliaia di persone a rifugiarsi in Florida, dove si costituì la base organizzativa del futuro movimento anticastrista.

La tensione si acuì dopo la visita a Cuba del vice primo ministro sovietico nel febbraio del 1960: venne firmato un accordo in base al quale l’URSS si impegnava ad acquistare il raccolto cubano di zucchero a un prezzo inferiore a quello pagato dagli americani ma concedeva in cambio un prestito di 100 milioni di dollari. Era chiaro che anche Cuba sarebbe diventata uno dei nuovi fronti della competizione fra la superpotenze. Gli Stati Uniti, minacciati da vicino per la prima volta nella loro storia, approvarono in luglio l’embargo sulle importazioni di zucchero cubano. Castro si appellò al Consiglio di Sicurezza contro “l’aggressione economica” americana e Chruscev minacciò l’uso delle armi atomiche contro gli USA in caso di invasione di Cuba.


Nikita S. Chruscev 1894-1971

I rapporti diretti fra USA e Cuba subirono un progressivo deterioramento; Castro annunciò l’inizio di relazioni diplomatiche con la Cina e dichiarò di accettare la protezione sovietica. Da allora ebbe inizio un flusso di aiuti economici, tecnici e militari dall’URSS verso l’isola dei Caraibi. Nel gennaio del 1961, quando Castro chiese di ridurre il personale dell’ambasciata americana da 130 a 11 membri, il governo di Washington decise di rompere le relazioni diplomatiche fra i due paesi.

Nel 1961 si diede esecuzione al piano per ribaltare la situazione a Cuba: il 17 aprile 1200 esuli sbarcarono sulla costa meridionale dell’isola di Cuba, nella Baia dei Porci, confidando con il loro sbarco di dare la scintilla di un’insurrezione popolare contro Castro; Kennedy, male informato dai servizi segreti americani, ritenendo che l’impresa avrebbe avuto facile successo, negò agli invasori l’appoggio aereo, per dimostrare una neutralità nella quale nessuno poteva credere; in tre giorni tutti gli uomini sbarcati vennero fatti prigionieri, senza che lo sbarco accendesse la benché minima scintilla di rivolta. Ben presto risultò chiaro che, nonostante il tentativo di negare le responsabilità americane nello sbarco, i “volontari” erano stati addestrati dalla CIA, che aveva la responsabilità di tutto l’episodio: la perdita di prestigio fu notevole. Castro ebbe la possibilità di accusare gli USA di mire aggressive e tutte le sue iniziative di autodifesa vennero automaticamente legittimate. Il 1° maggio Castro dichiarò che Cuba era una repubblica socialista e da allora la trasformazione del sistema cubano in senso marxista-leninista, cioè modellato sull’esempio sovietico, divenne irreversibile.

L’idea di installare basi missilistiche sovietiche a Cuba nacque a Mosca fra aprile e maggio del 1962; essa era il risultato di tre valutazioni: offrire una migliore protezione al baluardo comunista nell’emisfero occidentale, controbilanciare la supremazia nucleare americana e seminare il sospetto che l’iniziativa a Cuba fosse una nuova fase dell’offensiva diplomatico-nucleare sovietica già lanciata contro Berlino.

Esponenti cubani e sovietici misero a punto la bozza di un trattato che regolamentava sia l’invio a Cuba di un contingente militare sovietico di circa 45.000 uomini, sia l’installazione nell’isola, nel più assoluto segreto, di cinque reggimenti specialistici capaci di lanciare non meno di 40 missili nucleari contro il territorio USA, oltre una serie di missili tattici da utilizzare contro un eventuale invasione americana dal mare.

Per la fine di agosto si passò all’esecuzione di quanto progettato e I servizi segreti americani cominciarono ad avere notizie sui fatti.

Dopo che il 15 ottobre i rilievi fotografici avevano confermato i sospetti che erano in costruzione basi missilistiche sul territorio cubano, a partire dal 16 ottobre si riunì il Comitato Esecutivo del Consiglio di Sicurezza Nazionale americano. I rischi militari vennero valutati come non risolutivi per la supremazia USA negli armamenti nucleari, ma più importanti apparvero i rischi diplomatici e quelli politici. Si pensò che i sovietici volessero esercitare su Cuba la pressione che erano stati costretti ad allentare su Berlino; esistevano però anche aspetti politici più generali, relativi alla credibilità della potenza americana nel mondo e alla solidità della NATO, che dopo la crisi di Suez del 1956 non era stata ancora pienamente ristabilita.

Gli americani si orientarono per una risposta intermedia, che alzasse il livello dello scontro lasciando tuttavia ad entrambe le parti una via di uscita prima del ricorso a soluzioni estreme.


John F. Kennedy 1917-1963

Dopo il discorso di Kennedy alla nazione e il ricorso presentato alle Nazioni Unite dal delegato americano Adlai Stevenson, la tensione dei giorni seguenti raggiunse il suo massimo, intensissimi furono i contatti diplomatici fra le due superpotenze.

Le prime reazioni sovietiche e cubane furono negative: altri due ricorsi al Consiglio di sicurezza dell’ONU si aggiunsero a quello americano, ma Stevenson riuscì facilmente a dimostrare la fondatezza delle prove di cui poteva disporre. Dietro l’intransigenza si sviluppava però la riflessione e si dipanavano le implicazioni della mossa sovietica e della risposta americana. Ciò che più si temeva non era un gesto sovietico diretto contro la “quarantena” americana quanto una ritorsione contro Berlino. Gli Stati Uniti non potevano permettere che i missili sovietici, una volta scoperti, restassero a Cuba e dovevano perciò trovare il modo per uscire dalla crisi con il massimo successo possibile, ma anche senza oltrepassare la soglia di guardia. Né potevano sottovalutare i pericoli di una eventuale ritorsione in Germania. Dunque era necessario trovare sul piano politico una serie di concessioni compatibili con il ritiro dei missili già installati a Cuba.

Sotto la spinta dell’opinione pubblica mondiale, inspirata anche dall’intervento pacifista di papa Giovanni XXIII, un primo passo in direzione di un compromesso venne fatto da Chruscev, con la prima lettera, privata, inviata a Kennedy il 26 ottobre.

Dopo la seconda lettera, trasmessa dalla radio di Mosca la mattina del 27 ottobre, che chiedeva il ritiro dei missili installati in Turchia, Kennedy decise di rispondere in modo da consentire che egli apparisse come il vincitore dello scontro.

Il presidente americano rispose pubblicamente alla prima lettera, accettandola con un certo calore retorico e con alcune precisazioni formali, inserendo nella propria adesione allo scambio tra i missili cubani e la garanzia di non intervento a Cuba la frase “l’effetto di tale accordo nell’allentare le tensioni mondiali ci metterebbe in grado di lavorare verso un accordo più generale riguardante altri armamenti, come proposto nella vostra seconda lettera resa pubblica”.

La frase, a prima vista generica, acquistava molto significato in relazione alla seconda lettera e a quanto intanto succedeva a livello diplomatico.

L’incontro del 27 ottobre fra Robert Kennedy e il nuovo ambasciatore sovietico a Washington Anatoly Dobrynin stabilì il compromesso sostanziale, al quale non venne data pubblicità e la cui esistenza venne persino smentita ai senatori americani qualche mese più tardi dal segretario di Stato Rusk. Alla base del compromesso vi era l’annuncio dell’intenzione americana di rimuovere i missili Jupiter dalla Turchia e dall’Italia.

Raggiunto l’accordo la crisi scese rapidamente di tono. Il 28 ottobre 1962 era chiaro che lo scontro era stato evitato grazie al modo abilmente duro e duttile con il quale Kennedy lo aveva gestito e grazie al senso della misura di Chruscev.

Per l’Europa occidentale, cioè per i rapporti interni al sistema atlantico, la crisi di Cuba rappresentò il momento di avvio di una serie di chiarimenti di fondo. La crisi aveva avuto una gestione rigorosamente bipolare, nessuno dei paesi europei venne preventivamente consultato sulle decisioni del governo di Washington, né lo fu il Consiglio della NATO.

De Gaulle, che sostenne con energia la fermezza di Kennedy, e Adenauer, il quale considerò la crisi di Cuba provvidenziale perché allontanava il ripetersi di una crisi a Berlino, ravvisarono nella politica americana il desiderio di assumere in modo totale il compito di dirigere strategicamente la politica occidentale. Di qui la decisione dei due statisti di attuare un processo di rapido ravvicinamento (dal quale restò esclusa la Gran Bretagna, troppo legata agli USA) sanzionato dal trattato franco-tedesco del 22 gennaio 1963.

La crisi di Cuba appare come un momento di svolta. L’abbandono dei missili installati in Turchia e in Italia fece sì che nessun missile nucleare fosse più sistemato (fino al 1979) sul terreno continentale dell’Europa. Perciò, in un certo senso, lo scontro sintetizzava e concludeva una fase della storia dei rapporti fra le superpotenze negli anni di Kennedy e di Chruscev.

ATTUALITÀ

Legge 22 maggio 1978, n. 194.

Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza.

1. Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.

2. I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, fermo restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza: a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio; b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante; c) attuando direttamente o proponendo allo ente locale competente o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a); d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza. I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori.

3. Anche per l'adempimento dei compiti ulteriori assegnati dalla presente legge ai consultori familiari, il fondo di cui all'articolo 5 della legge 29 luglio 1975, n. 405, è aumentato con uno stanziamento di L. 50.000.000.000 annui, da ripartirsi fra le regioni in base agli stessi criteri stabiliti dal suddetto articolo. […]

4. Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405 , o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.

5. Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto. Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell'esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l'interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie.

Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, riscontra l'esistenza di condizioni tali da rendere urgente l'intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l'urgenza. Con tale certificato la donna stessa può presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare la interruzione della gravidanza. Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell'incontro il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, di fronte alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla base delle circostanze di cui all'articolo 4, le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l'avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la donna può presentarsi, per ottenere la interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente comma, presso una delle sedi autorizzate.

6. L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:

a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;

b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

7. I processi patologici che configurino i casi previsti dall'articolo precedente vengono accertati da un medico del servizio ostetrico-ginecologico dell'ente ospedaliero in cui deve praticarsi l'intervento, che ne certifica l'esistenza. Il medico può avvalersi della collaborazione di specialisti. Il medico è tenuto a fornire la documentazione sul caso e a comunicare la sua certificazione al direttore sanitario dell'ospedale per l'intervento da praticarsi immediatamente. Qualora l'interruzione della gravidanza si renda necessaria per imminente pericolo per la vita della donna, l'intervento può essere praticato anche senza lo svolgimento delle procedure previste dal comma precedente e al di fuori delle sedi di cui all'articolo 8. In questi casi, il medico è tenuto a darne comunicazione al medico provinciale. Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 6 e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto. […]

8. L'interruzione della gravidanza e’ praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso un ospedale […].

Nei primi novanta giorni l'interruzione della gravidanza può essere praticata anche presso case di cura autorizzate dalla regione, fornite di requisiti igienico-sanitari e di adeguati servizi ostetrico-ginecologici. […]

9. Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l'interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. […]

L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale. L'obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. L'obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l’ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l'interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente. […]

12. La richiesta di interruzione della gravidanza secondo le procedure della presente legge è fatta personalmente dalla donna. Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni, per l'interruzione della gravidanza è richiesto lo assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela. […]

Qualora il medico accerti l'urgenza dell'intervento a causa di un grave pericolo per la salute della minore di diciotto anni, indipendentemente dall'assenso di chi esercita la potestà o la tutela e senza adire il giudice tutelare, certifica l'esistenza delle condizioni che giustificano l'interruzione della gravidanza. Tale certificazione costituisce titolo per ottenere in via d'urgenza l'intervento e, se necessario, il ricovero. Ai fini dell'interruzione della gravidanza dopo i primi novanta giorni, si applicano anche alla minore di diciotto anni le procedure di cui all'articolo 7, indipendentemente dall'assenso di chi esercita la potestà o la tutela […].

FONTI E APPROFONDIMENTI
La Storia, Grandi Opere di UTET Cultura, Vol. 14 “Dalla guerra fredda alla dissoluzione dell’URSS”, La Repubblica, Roma, 2004
Ennio Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali 1918-1999, Roma-Bari, Editori Laterza, 2000
Per le fotografie: http://www.nndb.com/people/419/000024347/ e http://www.amherst.edu/magazine/issues/0304fallwinter/jfk/
Attualità: http://www.mpv.org/a_16_IT_279_1.html e http://www.cittadinolex.kataweb.it/article_view.jsp?idArt=30717&idCat=40

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