mercoledì, aprile 05, 2006

 

L’INIZIO DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA

EDITORIALE

Analizziamo la situazione dell’Europa nel secondo dopoguerra e il compimento dei suoi primi passi negli Anni ’50 e ’60 verso la costruzione di un’Europa unita.
Nella seconda parte continua il racconto degli Stati Uniti visti con gli occhi di un visitatore occasionale. Buona lettura.

I FATTI

Il 9 maggio 1950 viene annunciato in Francia il piano Schuman (dal nome del ministro degli esteri francese) che porterà, il 18 aprile 1951, alla costituzione della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio).

23 ottobre 1954: nasce l’Unione dell’Europa Occidentale (UEO): è un’alleanza militare a carattere difensivo fra Gran Bretagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Repubblica Federale Tedesca e Italia.

25 marzo 1957: firma dei trattati di Roma, i sei paesi della UEO (rimane esclusa la Gran Bretagna) istituiscono la Comunità europea per l’energia atomica (Euratom o CEEA) e la Comunità economica europea (CEE).

1° gennaio 1973: con l’ingresso nella CEE della Gran Bretagna, della Danimarca e dell’Irlanda nasce l’Europa dei Nove.

IL CONTESTO

La costituzione della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) del 1951 può essere considerato l’atto che diede avvio all’integrazione europea. Profondamente condizionata dalle contingenze della ricostruzione prima e dalla politica dei due blocchi poi, limitata sul piano politico dalle resistenze di ciò che restava della sovranità assoluta degli Stati, l’integrazione fece degli importanti progressi dai primi anni ’50 alla fine degli Anni ’70.

Il 9 maggio 1950 fu annunciata a Parigi da Robert Schuman, Ministro francese degli Affari Esteri, una proposta per “mettere l'insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità”. Questa proposta metteva in comune le produzioni di base e istituiva una nuova Alta Autorità le cui decisioni sarebbero state vincolanti per tutti i paesi che avessero aderito all’iniziativa francese. Veniva proposto di creare una Istituzione europea sovrannazionale cui affidare la gestione delle materie prime che erano il presupposto di qualsiasi potenza militare, il carbone e l'acciaio.

De Gasperi appoggiò subito con entusiasmo il piano Schuman e, insieme al ministro degli esteri francese e al cancelliere tedesco Konrad Adenauer, si adoperò per l’effettiva realizzazione del piano stesso.

La proposta francese fu motivata anche dal proposito di stabilite una relazione particolare fra Francia e Germania Occidentale che bilanciasse in qualche modo quella che si era costituita alla fine della guerra fra Stati Uniti e Gran Bretagna, per evitare che la Germania si avvicinasse agli Usa isolando di fatto la Francia nell’ambito della politica europea.

Gli Stati Uniti da parte loro appoggiarono qualsiasi tentativo di favorire l’integrazione sempre più stretta dei paesi che si consideravano oggetto della minaccia sovietica, e giudicarono indispensabile far partecipare a tale integrazione il più esposto dei paesi europei, la Repubblica federale di Germania.

Il 18 aprile 1951 fu approvato il testo del trattato istitutivo della CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) che, dopo il completamento dei processi di ratifica, entrò in vigore il 25 luglio 1952, con la immediata nomina a presidente dell’Alta Autorità di Jean Monnet, l’ideatore, insieme a Schuman, della proposta francese.

Sei paesi entrarono nella CECA: Francia, Germania Federale, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Italia.

Il trattato si poneva come il primo passo verso il superamento di quelle rivalità storiche che avevano diviso l’Europa da sempre; si affermava la persuasione che fosse soltanto autodistruttivo risolvere i conflitti interni mediante il ricorso alla forza e la convinzione che tutto potesse divenire l’oggetto di negoziati. Il trattato inoltre recepiva un sentire comune, secondo il quale nulla poteva giustificare i sacrifici di nuove guerre e tutto poteva essere negoziato in modo pacifico.

Nell’ottobre del 1954 fu approvato il testo che istituiva l’Unione Europea Occidentale (UEO). Il 5 maggio 1955, dopo le ratifiche dei parlamenti nazionali, l’UEO cominciò a muovere i primi passi: l’organizzazione militare prevedeva un esercito comune, governato da un Consiglio di rappresentanti dei governi, e un parlamento con funzioni consultive. A garanzia che nessuno dei paesi membri potesse oltrepassare certe soglie di riarmo venne costituita anche un’Agenzia per il controllo degli armamenti, che avrebbe assunto le sue deliberazioni solo all’unanimità.

Il risultato, oltre a permettere il riarmo della Germania Occidentale (e la sua adesione alla NATO nel 1955), esprimeva la determinazione dei paesi europei occidentali di rafforzare i loro legami e di tenere fermo il principio dell’alleanza con gli Stati Uniti come premessa della loro politica internazionale.

Il 1° giugno 1955 l’Italia convocò a Messina una conferenza dei sei ministri degli esteri degli Stati aderenti alla CECA per rilanciare l’integrazione politica ed economica europea: fu decisa la creazione di un mercato comune sotto forma di unione doganale. Dopo due anni di lavori si giunse alla firma dei trattati di Roma: il 25 marzo 1957 venivano istituiti l’EURATOM (o Comunità europea per l’energia atomica) e la CEE.

L’EURATOM doveva contribuire a sviluppare industrie nucleari europee per l’utilizzazione dell’atomo a scopi pacifici.

La Comunità Economica Europea (CEE) aveva lo scopo di eliminare ogni barriera doganale alla circolazione delle merci e ogni limitazione alla circolazione delle persone, stabilendo al contempo una comune barriera doganale nei confronti degli Stati terzi.

Vera e propria unione economica oltre che unione doganale e mercato comune, sorse con il compito di “promuovere, mediante l'instaurazione di un mercato comune e il graduale ravvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche nell'insieme della comunità, un'espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e più strette relazioni tra gli Stati che a essa partecipano”.

Il rifiuto di aderire al Mercato comune da parte della Gran Bretagna fu determinato sostanzialmente dalla politica agricola, dalle clausole sociali e politiche (che sembravano ledere la sovranità degli Stati) e dalla tariffa esterna comune (dati i rapporti esistenti tra Gran Bretagna e Commonwealth).

I trattati di Roma, che entrarono in vigore il 1° gennaio 1958, prevedevano un lungo periodo di attuazione, che si articolava in numerose tappe. L'8 aprile 1965 venne firmato a Bruxelles un trattato che istituiva un consiglio unico e una commissione unica delle comunità europee. In tal modo i tre consigli dei ministri delle comunità venivano fusi in un consiglio unico e la commissione della CEE, la commissione dell'Euratom e l'alta autorità della CECA in un'unica commissione. Il consiglio unico e la commissione unica ebbero i poteri e le competenze già conferiti dai trattati alle precedenti istituzioni. Contemporaneamente si decideva di trasferire a Bruxelles la maggior parte dei servizi dell'alta autorità. (continua)

Dal 1967 gli organismi direttivi di CEE, CECA e Euratom furono così unificati, rendendo meno macchinoso il governo della Comunità Europea e dando vita alle attuali istituzioni europee: il Parlamento, la Commissione, il Consiglio dei ministri (formato dai rappresentanti degli Stati membri) e la Corte di Giustizia.

Nel 1971, dopo l’iniziale e ripetuta opposizione della Francia di De Gaulle, anche la Gran Bretagna fu ammessa nella CEE, seguita nel 1972 da Danimarca e Irlanda; l’entrata effettiva dei tre paesi avvenne il 1° gennaio 1973: era nata l’Europa dei Nove.
IL SASSO NELLO STAGNO – Ecco cosa scriveva Jean Monnet (nel novembre 1954):

“Ciò che sta per uscire in materia di carbone e acciaio nei sei paesi della nostra Comunità, deve essere proseguito sino alla conclusione: gli Stati Uniti d'Europa [...]. I nostri paesi sono divenuti troppo piccoli rispetto al mondo attuale, nel quale la scala della tecnologia moderna si misura oggi secondo la dimensione americana o russa e si misurerà domani secondo quella della Cina o dell'India”.

ATTUALITÀ

ALLE ORIGINI DEGLI STATI UNITI D’AMERICA (seconda parte)

Mount Vernon, Virginia. Una grande e antica casa di campagna da cui si gode una bella veduta del fiume Potomac. Tutt’intorno boschi e coltivazioni, giardini e piantagioni, frutto di una passione profonda e di uno spirito di innovazione dell’agricoltura non comuni. Nei bassorilievi che ornano i soffitti della casa i simboli agricoli abbondano e nella biblioteca solo libri di agricoltura e di biologia. Oltre il bosco, una stalla sperimentale e quello che resta di una piccola area per le coltivazioni più ardite e innovative. Chi poteva pensare che in quella casa avrei trovato il “trait d’union” tanto cercato tra rivoluzione americana, Illuminismo e Rivoluzione Francese, eppure era lì, appesa all’ingresso in bella evidenza, la chiave della Bastiglia donata dal marchese di Lafayette a chi abitava questa casa nel 1789: George Washington, che proprio in quell’anno fu eletto primo presidente degli Stati Uniti d’America. Il profilo di un uomo tranquillo e per nulla violento è comune anche agli altri “rivoluzionari”, facoltosi uomini d’affari o studiosi che si sentivano inglesi a tutti gli effetti, ma che quando si resero conto che la parola “libertà” per loro valeva un pochino meno che in madrepatria e che la crescita economica delle loro colonie cominciava a dare fastidio al Regno Unito, allora non esitarono a opporsi con tutta la forza che il sistema di governo loro consentiva e quando videro che ciò non era sufficiente passarono ai fatti dichiarando l’indipendenza delle colonie americane dalla madrepatria inglese nel fatidico giorno del 4 luglio 1776. Washington era stato nominato comandante in capo dell’esercito delle Colonie Unite il 15 giugno del 1775, più per motivi politici che militari. Un virginiano al comando di un esercito che era soprattutto della Nuova Inghilterra avrebbe cementato l’unità delle colonie; inoltre la scelta di un ricco piantatore conservatore avrebbe dissipato i timori di radicalismo. La guerra durò fino al 1781, ma la battaglia di Saratoga del 17 ottobre 1777 e la successiva entrata della Francia in guerra a fianco delle Colonie furono i due episodi che volsero in favore degli americani le sorti della guerra, che fu chiusa formalmente dal trattato di pace del 3 settembre 1783. In esso la Gran Bretagna riconobbe formalmente l’indipendenza americana e acconsentì che i confini degli Stati Uniti si estendessero a ovest fino al fiume Mississippi, a nord fino ai Grandi Laghi e a sud fino al 31° parallelo (confine settentrionale della Florida, che Londra cedette alla Spagna, anche essa intervenuta a fianco della Francia). Ma tornando a quella chiave appesa alla parete di Mount Vernon, quali potevano essere le radici lontane e meno lontane di un tale impeto libertario che così fieramente si manifestava nella dichiarazione di indipendenza? Certamente il secondo Trattato sul governo civile di John Locke, formulazione classica della filosofia dei diritti naturali di Aristotele e Cicerone, fu una traccia che Thomas Jefferson (estensore della dichiarazione di indipendenza) seguì con attenzione. Un’altra importante fonte, forse più indiretta ma non per questo meno significativa, fu sicuramente il corpo di leggi inglesi che andava formandosi dal medioevo e che enfatizzava i diritti degli individui piuttosto che i doveri e i poteri del regnante. Si può dire che, a differenza della giurisdizione italiana che vedeva la libertà come un diritto pubblico che consentiva ai cittadini di partecipare al governo della società, il Common Law interpretava “la libertà” come un diritto privato che consentiva al cittadino di delimitare con certezza i confini delle sue proprietà e dei suoi diritti. E da ultimo il dibattito sulla famosa frase della Dichiarazione dove si dice che “tutti gli uomini sono creati uguali” . Alcuni riducono il senso della frase all’uguaglianza di trattamento tra americani ed inglesi ma i più sostengono che Jefferson volle con questa affermazione dare ampio respiro alla Dichiarazione, un respiro di eguaglianza e di uguali condizioni sociali per tutti, un respiro che Lincoln avrebbe ripreso nel secolo successivo descrivendolo come un “principio emblematico al quale fare costantemente riferimento, verso il quale tendere sempre”. Ed ecco di seguito un brano di quella dichiarazione del 4 luglio 1776 che non mi stanco mai di leggere e di rileggere, pensando a quanta strada abbiamo fatto su questi principi e quanta ancora dobbiamo farne.

[…] We hold these Truths to be self-evident, that all Men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty and the Pursuit of Happiness – That to secure these Rights, Governments are instituted among Men, deriving their just Powers from the Consent of the Governed, that whenever any Form of Government becomes destructive of these Ends, it is the Right of the People to alter or to abolish it, and to institute new Government, laying its Foundation on such Principles, and organizing its Powers in such Form, as to them shall seem most likely to effect their Safety and Happiness […]

(la traduzione è nell’ultima pagina del n. 6, Set-Ott 2003, del bollettino).

FONTI E APPROFONDIMENTI

La Storia, Grandi Opere di UTET Cultura, Vol. 14 “Dalla guerra fredda alla dissoluzione dell’URSS”, La Repubblica, Roma, 2004

Sergio Romano, Cinquant'anni di storia mondiale. La pace e le guerre da Jalta ai giorni nostri, TEA, 1997 - Longanesi, 1995

Ennio Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali 1918-1999, Roma-Bari, Editori Laterza, 2000

A.A.V.V., Enciclopedia universale Rizzoli Larousse, Rizzoli, Milano 2002 e Enciclopedia della storia universale, De Agostini, 2000

Edward Countryman, The American Revolution, Hill and Wang, New York, 2003 (revised edition)

The declaration of independence and the Constitution of the United States, Introd by Pauline Maier, Bantam Books, New York, 1998

Richard Price, Considerazioni sull’importanza della rivoluzione Americana, Sellerio Editore, Palermo, 1996

Maldwyn A. Jones, Storia degli Stati Uniti, in Storia Universale del Corriere della Sera, vol. 25, Milano, 2005

Twin Cities Public Television, Inc., Liberty! The American Revolution, 1997, DVD by PBS Home Video year 2004

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